Free Life

10:31 Planet Vigasio 0 Comments

Trento Film Festival 2015
Dal 30 aprile al 10 maggio si è tenuto il Film Festival di Trento, il più antico festival del cinema di montagna, con una serie di eventi collaterali al concorso, dedicati alla cultura e alla storia delle terre alte. Quest'anno, oltre ai tradizionali temi dell'esplorazione e dell'alpinismo, si è naturalmente ricordato il centenario della Grande Guerra, con eventi dedicati nell'ambito della kermesse ma non solo.



“Storie di alpinisti”: Messner e Barmasse tra il Cervino e la guerra (TFF/1)
L'evento di punta della 63° edizione del Trento Film Festival è stata la serata alpinistica intitolata “150-100-50-0. Storie di alpinisti fra il Cervino e la guerra”, condotta da Reinhold Messner ed Hervé Barmasse.
La leggenda vivente dell'alpinismo, il re degli Ottomila, insieme al giovane alpinista valdostano, esponente di punta delle nuove generazioni, ha accompagnato il pubblico in un viaggio nello spazio e nel tempo, dalla prima salita della Gran Becca 150 anni fa alle montagne della Grande Guerra, fino all'ultima impresa di Walter Bonatti sul “più nobile scoglio d'Europa”, per arrivare infine alle salite di Barmasse, le sue prime invernali e le solitarie sulle pareti del Cervino.

Whymper e Carrel
Si inizia con Edward Whymper, l'inglese che il 14 luglio 1865 scala per primo la parete svizzera della montagna, anche se l'impresa verrà pagata a caro prezzo con la morte di 4 dei suoi compagni di cordata.
In competizione con la spedizione inglese, solo pochi giorni più tardi anche una cordata italiana, guidata da Jean-Antoine Carrel e sostenuta dai vertici del Cai, raggiungerà la vetta. Carrel, che in precedenza era stato guida dello stesso Whymper durante tentativi di scalata falliti, sale però dal versante italiano, più difficile di quello svizzero, aprendo una nuova via sul Cervino.

Guerre del passato e del presente
Un secolo fa, le montagne sono state teatro delle operazioni militari della Prima guerra mondiale. Joseph Gaspard, guida alpina valdostana, è un esempio di come alcuni dei migliori alpinisti dell'epoca si siano resi protagonisti di imprese memorabili nell'arte dell'arrampicata, per portare a termine missioni militari impossibili a chiunque altro sulle vette del fronte dolomitico.
Altro nome celebre è quello di Sepp Innerkofler, alpinista di fama internazionale arruolatosi volontario nell'esercito austro-ungarico, incaricato di riconquistare la cima del Monte Paterno occupato dagli italiani.
“Si continuano anche oggi a combattere guerre in montagna – ha ricordato Messner – a 6.000 metri di quota sulla catena del Karakorum, lungo il confine tra India e Pakistan. Anche oggi, come cent'anni addietro, i soldati di entrambi i paesi muoiono più per i pericoli della montagna, il freddo, i crepacci e le valanghe, che per il fuoco nemico”.

Bonatti in solitaria
Mezzo secolo fa, il grande Walter Bonatti sceglie il Cervino per concludere la sua carriera alpinistica. E lo fa come sempre in grande stile. Parte nord, nuova via in solitaria e in invernale. “Quell'impresa è un capolavoro della storia dell'alpinismo”, ha sottolineato ancora Messner. “Senza mezzi artificiali, affrontando da solo una parete di estrema difficoltà, Bonatti si è espresso a un livello tecnico altissimo, che rappresenta uno dei momenti più alti dell'alpinismo tradizionale”.

Hervé Barmasse, dal Cervino alle montagne del mondo
Si arriva così al giorno d'oggi, dove tra gli alpinisti emergenti c'è la guida della Valtournenche Hervé Barmasse. Reinhold Messner ha dichiarato: “Avevo dichiarato che l'alpinismo era morto, ma ora dico che non è così. Giovani come Hervé hanno compreso che esso è in primo luogo cultura. Hervé scala il Cervino con la consapevolezza di scalare non solo una vetta, ma un secolo e mezzo di storia. Sa vivere l'avventura sia sulle montagne di casa che sulle vette di tutto il mondo”.
Autore di itinerari di grande difficoltà ed esposizione realizzati in tutto il mondo, come la via nuova aperta in solitaria sul Cervino e il recente concatenamento invernale delle sue quattro creste, la prima ascensione della liscia lavagna granitica del Cerro Piergiorgio e la nuova via sul Cerro San Lorenzo in Patagonia, la prima salita del Beka Brakay Chhok in Pakistan e altre ancora. Barmasse ha contribuito alla realizzazione di una scuola di alpinismo, sempre in Pakistan. “La Shimshal Climbing School è la prima aperta anche alle donne, in un paese islamico – ha spiegato lo scalatore - . E' un modo per cercare di rendere utile l'alpinismo, restituendo qualcosa alle genti che ci hanno accolto”.

Aiutiamo il Nepal: dal Trento Film Festival a Quo CLIMBis al Messner Mountain Museum di Firmian
Nel corso della conferenza stampa di presentazione del Festival, il presidente della kermesse Roberto De Martin ha annunciato: “Abbiamo deciso di destinare un euro per ogni biglietto venduto a un fondo specifico finalizzato alle iniziative necessarie per la ricostruzione del Nepal distrutto”.
L'edizione di quest'anno di Quo CLIMBis, forum internazionale organizzato nel Messner Mountain Museum di Firmian, è stata dedicata all'emergenza in Nepal. “Il titolo che abbiamo scelto, ben prima che si verificasse questa immane tragedia, è The right to go, the duty to help – il diritto di andare, il dovere di aiutare”, ha sottolineato Messner. Sono intervenuti alpinisti, esperti e presidenti di associazioni che operano nelle regioni dell'Himalaya. Tra gli altri Simone Moro, elicotterista e scalatore, e un rappresentante della Fondazione Senza Frontiere Onlus di Fausto De Stefani, che ha costruito scuole in Nepal rimaste intatte grazie alle tecnologie antisismiche utilizzate.

Per maggiori informazioni: http://www.messner-mountain-museum.it/it/



“Monti in guerra 1915-2015” al MMM di Firmian
La mostra “Monti in guerra”, allestita presso il Messner Mountain Museum di Castel Firmian in occasione del centenario della Grande Guerra, espone opere d'arte, immagini e cimeli del primo conflitto mondiale.

Messner ha dichiarato: “La guerra di posizione combattuta nelle Dolomiti e sul massiccio dell'Ortles durante la Prima guerra mondiale dura tre anni, esponendo i soldati sul fronte a sofferenze disumane, tra freddo, fame, valanghe e cadute di massi. L'equipaggiamento dei tiratori civili e dei soldati è decisamente insufficiente, e l'inverno spesso impedisce gli approvigionamenti da entrambi i lati. Più che per le azioni del nemico, si muore a causa dei disastri naturali. Dura 30 anni la guerra di posizione tra India e Pakistan sul ghiacciaio Siachen, nel Karakorum, lungo una linea del fronte che raggiunge quota Seimila metri. Ancora una volta, i soldati muoiono sotto le valanghe, nei crepacci e per il freddo. Ma l'oggetto del contendere tra i due paesi non è altro che una catena montuosa fatta di ghiaccio, roccia e aria rarefatta”.

La mostra resterà aperta fino all'8 novembre.

Per maggiori informazioni: http://www.messner-mountain-museum.it/it/firmian/museo/



Oltre il Cervino: Hervé Barmasse alpinista per scelta e tradizione
Nell'ambito dell'edizione di quest'anno del Trento Film Festival è stata presentata la mostra fotografica “Oltre il Cervino”, focalizzata sulle 4 generazioni della famiglia Barmasse che hanno lavorato come guide di montagna e scalato le vette di tutto il mondo (il bisnonno Michele, il nonno Luigi e il padre Marco).
Hervé Barmasse ha inoltre tenuto una serata a Bolzano nel corso della quale ha parlato del “suo” Cervino, questa montagna che è stata per lui una palestra di alpinismo anche in vista delle spedizioni sulle pareti di tutto il mondo.
Barmasse è l'alpinista che ha al suo attivo più “prime” di chiunque altro sulla Gran Becca, tra invernali, solitarie e vie nuove. “I record non hanno molto senso quando si parla di montagna – ci spiega però Hervé -. Preferisco ricordare le mie scalate per le emozioni che mi hanno dato. In fondo, le emozioni sono le cose che uniscono in una sola cordata tutti gli alpinisti, dal grande scalatore al neofita. Al cospetto delle montagne siamo tutti uguali, uomini e donne accomunati dalla stessa passione, ed è questa dimensione umana che conta davvero. Per vivere grandi avventure oggi, dobbiamo rinunciare alla tecnologia e cercare invece l'isolamento, scalare montagne al di fuori dei tradizionali circuiti alpinistici e in stagioni inusuali”.

La parola a Hervé Barmasse: Una montagna di emozioni, tra anniversari e grandi avventure
"Gli anniversari, come quelli delle scalate di Whymper e Bonatti di cui parliamo quest'anno, ci fanno capire qual è stata l'evoluzione dell'alpinismo, da dove veniamo e cosa siamo noi alpinisti di oggi. Solo studiando la storia dell'alpinismo possiamo imparare dal passato, capire cosa è stato fatto di buono così come gli errori o i limiti di chi ci ha preceduto. Ovviamente, oggi abbiamo a disposizione attrezzature completamente diverse e molta più tecnologia per andare in montagna. Mi chiedo se i pionieri di un tempo, proprio per la scarsità dei mezzi tecnici a loro disposizione, non fossero in una posizione 'privilegiata' rispetto alla nostra, per il fatto di vivere grandi avventure che ora non sono più possibili".

Per maggiori informazioni: http://hervebarmasse.com/



"Solo Il Vento”, mostra fotografica a cento anni dalla Grande Guerra in Trentino (TFF/2)
Il fotografo di montagna Alberto Bregani ha realizzato tra il 2013 e il 2014 un progetto fotografico intitolato “Solo il Vento”, in occasione dell'anniversario della Prima guerra mondiale, che lo ha portato in 21 mesi a percorrere oltre 500 chilometri del Sentiero della Pace in Trentino, dal Passo del Tonale alla Marmolada, lungo trincee, fortificazioni e sentieri che recano i segni dei combattimenti di un secolo fa.
Realizzato in collaborazione con il Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto e l’Accademia della Montagna di Trento, il risultato del lungo “cammino” fotografico è stata la produzione di 85 immagini su pellicola rigorosamente in bianco e nero, dove l'autore racconta il suo personale viaggio nella storia, preparato da mesi di studio sul tema e dalla lettura dei diari dei soldati, oltre che da incontri con gli esperti del Museo della Guerra.
Le immagini sono state esposte in Germania, ad Amburgo e Hannover, e sono ora per la prima volta in Italia. Una selezione degli scatti, costituita da 14 foto stampate in formato grande da 95x135cm fino a 95x175cm, è esposta nelle sale dello Spazio Archeologico del Sass di Trento, in occasione della 63° edizione del Trento Film Festival. La mostra resterà qui fino al 7 giugno. 16 delle immagini che compongono il progetto sono esposte anche a Rovereto con il titolo “Il Segno e il Silenzio”, presso il Museo Storico Italiano della Guerra fino al 28 giugno, in occasione delle celebrazioni per il Centenario della Grande Guerra in Trentino (1914-2014).

L'attività di Bregani
Figlio d'arte, Bregani è cresciuto respirando montagna e fotografia. Trascorre la propria infanzia nelle Dolomiti ampezzane, impara il mestiere dal padre Giancarlo, alpinista, scrittore e cineasta. E da lui eredita la passione per il bianco e nero, che lo accompagna in tutta la sua carriera professionale. Dal 2005 è accademico del Gism (Gruppo Italiano Scrittori della Montagna).
Le sue opere sono state esposte in mostre in Italia e all'estero, in musei e collezioni private. Specialista della fotografia di paesaggio, ha dedicato alle Dolomiti di Brenta un progetto fotografico durato 4 anni, risultato nella pubblicazione del volume “Dentro e fuori le Cime. Dolomiti di Brenta tra l’occhio e il passo” per la casa editrice trentina Il Margine. Tiene inoltre conferenze sulla fotografia, la montagna e la filosofia. E' attivissimo sui social media con siti, blog, pagine Facebook, Twitter, video su YouTube.

La Grande Guerra e i progetti futuri
Così Alberto Bregani spiega il titolo del progetto: “Mi ritrovavo a fotografare uno dei luoghi che compongono il mio viaggio sul Sentiero della Pace. Era una giornata fredda, nebbiosa, ed ero in compagnia solo di me stesso. In quel momento mi è capitato di pensare che, dopo cento anni, rimane solo il vento a custodire le anime dei morti, e che trasporta fino a noi, oggi, le memorie di ciò che fu su queste montagne. Nel mio cammino ho anche incontrato i nipoti o pronipoti dei soldati che avevano combattuto, i quali mi hanno raccontato aneddoti e memorie che solo loro conoscono, non le trovi nei libri di storia. E' stato un momento toccante, uno dei più belli e affascinanti del mio lavoro”.
Per il futuro, Bregani sta pensando di fare un lavoro su Dino Buzzati e di ripercorrere i luoghi in Valtellina (Bernina, Monte Disgrazia, Palù e altri) che suo padre Giancarlo aveva fotografato in un volume del 1969 intitolato “C'è sempre per ognuno una montagna”. L'idea è quella di sovrapporre le immagini di allora con le viste attuali, come omaggio al padre, mancato quasi 30 anni fa, per mostrare come sono cambiati i luoghi.

La parola ad Alberto Bregani: Il bianco e nero per raccontare la guerra
“Il bianco e nero è il mio linguaggio fotografico. L'ho scoperto prendendo in mano le attrezzature di mio padre, il quale usava questa stessa tecnica, e mi ci sono subito trovato bene. Le infinite sfumature di grigio tra il bianco e il nero, la tridimensionalità e altri fattori, sono per me un potente mezzo espressivo che si addice particolarmente al mio lavoro e al racconto della montagna come la interpreto. Il colore invece rappresenta la realtà in modo più “oggettivo”, ma proprio per questo lascia meno spazio all'interpretazione personale del punto di vista che l'immagine offre. Il bianco e nero permette inoltre di rendere il senso di distanza nel tempo dagli eventi della guerra di cento anni fa, insieme alla crudezza e tragicità di quei fatti. E' un omaggio a coloro che hanno combattuto e sono morti sulle montagne”.

Per maggiori informazioni: http://albertobregani.photography/



“La Grande Guerra sul grande schermo” in mostra a Trento (TFF/3)
A Trento, in occasione del centenario della Prima guerra mondiale, nello spazio espositivo de “Le Gallerie” di Piedicastello è ospitata fino al 14 giugno una mostra sulla rappresentazione cinematografica della guerra nel cinema, intitolata appunto “La Grande Guerra sul grande schermo”.
L'esposizione occupa la Galleria Nera (ne esiste anche una Bianca, attigua alla prima), uno spazio lungo 300 metri, con una settantina di film “dal vero” e di finzione e proiezioni di sequenze su grandi schermi. Pannelli laterali offrono approfondimenti sui film e gli argomenti trattati.
La mostra segue un ordine cronologico, dagli inizi della cinematografia e dalle prime macchine da presa, fino alla produzione del secondo dopoguerra per arrivare ai giorni nostri. Si trovano le stereoscopie della guerra russo-giapponese di inizio Novecento, documenti sulle guerre balcaniche del decennio successivo e sull'arrivo a Trieste del feretro dell'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo, il cui assassinio è stato l'evento scatenante della Prima guerra mondiale.

Da Griffith a Kubrick, da Rosi a Monicelli
“La Grande Guerra sul grande schermo” presenta alcuni capolavori della storia del cinema come Hearts of the World – Cuori del mondo di David Wark Griffith, considerato il padre dell'arte cinematografica americana e forse non solo, Paths of Glory – Orizzonti di gloria di Stanley Kubrick, King and Country – Per il re e per la patria di Joseph Losey, Uomini contro di Francesco Rosi, e La grande guerra di Mario Monicelli.
La mostra è organizzata dalla Fondazione Museo Storico del Trentino, in collaborazione con la Provincia autonoma di Trento, la Cineteca del Friuli, la Cineteca Nazionale di Roma, l'Istituto Luce-Cinecittà di Roma, il Museo Nazionale del Cinema di Torino e Rai Storia.

La Fondazione Museo del Trentino
“La Fondazione Museo del Trentino nasce nel 2007 come ente di ricerca e divulgazione storica. Eredita il patrimonio del Museo del Risorgimento di Trento, nato nel primo dopoguerra per raccogliere documenti e testimonianze della Grande Guerra e dei trentini che avevano combattuto come volontari a favore dell'Italia”, spiega Giuseppe Ferrandi, Direttore generale della Fondazione.
Oggi, l'obiettivo dell'istituto è raccontare la storia del territorio e della sua comunità, senza dimenticare il contesto generale della Storia con la S maiuscola. Avere una prospettiva sia locale che globale, sembra tanto più rilevante quando si parla del Trentino in quanto la regione è sempre stata territorio di “confine” tra paesi diversi e opposti nazionalismi.

"Laboratorio di cittadinanza europea"
Il centenario della Grande Guerra può inoltre essere l'occasione, secondo il Direttore della Fondazione, di tornare alle radici e ai motivi fondanti dell'Europa unita, un progetto a cui aspiravano tra l'altro gli autori del Manifesto di Ventotene (1941), Altiero Spinello ed Ernesto Rossi, per costruire uno spazio europeo che impedisse nuovi conflitti mondiali.
Il Trentino ha conservato numerose testimonianze delle guerre del Novecento, costruendo su di esse una coscienza civile molto forte legata ai motivi della pace e della libertà. “Proprio in virtù di questi tratti culturali – dichiara Ferrandi - la regione può ambire a diventare un vero e proprio 'laboratorio' della formazione della cittadinanza europea, di un'Europa che nasce per impedire nuove tragedie e per favorire democrazia e benessere”.

La parola a Giuseppe Ferrandi: Cinema e guerra, un viaggio lungo un secolo
“Abbiamo ritenuto importante, in occasione del centesimo anniversario dello scoppio della Prima guerra mondiale, contribuire con una riflessione critica sul rapporto tra cinema e guerra. Ci sembrava degno di interesse studiare il rapporto tra realtà e finzione quando si parla di cinema, specialmente nei cosiddetti film 'dal vero' o documentari, che oggi molti considerano una riproduzione fedele della realtà storica, mentre sarebbe opportuno mantenere uno sguardo critico sui punti di vista presentati dagli autori. Il percorso dentro la Galleria Nera del museo, è appunto un itinerario attraverso decine di pellicole, un viaggio lungo un secolo, dal 1914 al 2014, all'interno delle varie stagioni nelle quali il cinema ha raccontato il primo conflitto mondiale. Abbiamo tentato di offrire anche una lettura critica dei film, in collaborazione con importanti realtà nazionali e internazionali”.

Per maggiori informazioni: http://museostorico.it/



“Le donne e la Prima guerra mondiale”, storie di guerra vissute al femminile (TFF/4)
Non solo gli uomini hanno combattuto nel corso della Grande Guerra. Antonella Fornari, alpinista e scrittrice, ha portato alla luce nel suo volume “Le donne e la Prima Guerra Mondiale. “Esili come brezza tra venti di guerra”, le storie di alcune donne nella zona di Cadore, Ampezzo e Carnia di cent'anni fa, per ricordare il contributo che diedero alle unità combattenti e i sacrifici di tante mogli, vedove, sorelle e donne soldato.

Viktoria, alias Soldato Viktor
La vicenda forse più singolare è quella del soldato Viktor, giovane e valoroso combattente in grado di sciare e sparare molto bene, ma che nascondeva un segreto. Cresciuta come un ragazzo dal padre, Peter Savs, Viktoria rinunciò definitivamente alla propria femminilità per seguirlo al fronte, lui che, già ferito in Galizia si era arruolato come volontario nella milizia territoriale austriaca.
Viktoria, classe 1899, si presenta dal Principe Eugenio d'Asburgo dal quale ottiene l'autorizzazione a combattere con il padre. Solo pochi alti ufficiali conoscono la vera identità della ragazza, che si comporta e combatte al pari degli uomini.
Nel 1916 viene assegnata al settore di combattimento delle Tre Cime al comando del Cap. Kajaba Demian e l'anno successivo si rende protagonista di un'impresa notevole, scortando da sola, sotto il fuoco nemico, una ventina di prigionieri italiani. Ma già un mese prima era stata decorata con la medaglia di bronzo al Valor Militare per aver catturato – nel corso del combattimento detto dei “Trogloditi” – venti soldati fra cui un ufficiale e un sottufficiale. La caduta di un macigno fatto saltare da una granata segna in seguito la fine del suo servizio al fronte.
Il piede destro rimane maciullato sotto la roccia, lei stessa si recide con il coltello gli ultimi brandelli di carne che lo tengono attaccato alla gamba. Sarà soccorsa e trasportata in un ospedale in cui le verrà amputata la gamba fin sotto il ginocchio. Il suo segreto è svelato, ma lei orgogliosamente continuerà ad indossare la sua divisa e a fumare la pipa come aveva imparato a fare al fronte.
Tornerà, ormai anziana, sui luoghi dove aveva combattuto. Muore infine nel 1979, all'età di 80 anni, a Salisburgo.

Portatrici, alpiniste e diariste
Altre donne che compaiono nel libro sono le portatrici carniche che, con il loro lavoro, porteranno ogni giorno al fronte cibo, viveri, medicinali e munizioni. Donne di età compresa tra i 15 e i 60 anni che si sottoponevano a fatiche disumane con carichi di 30-40 chili nelle gerle, per un compenso di 150 centesimi a viaggio. Tornate a casa, trovavano il lavoro di sempre: accudire la casa, i bambini, i vecchi e governare la stalla.
Vi sono poi sorelle e mogli di soldati, o diariste che registrarono con meticolosa cura ciò che avveniva in quei lontani giorni di guerra.. Compaiono così le figure dell'alpinista Luisa Fanton il cui amatissimo fratello scomparve a bordo del suo piccolo aereo nei cieli del Grappa; le diariste Giuditta Colli e Maria Menardi De Vico; Maria Benedetta Bosi, moglie del Magg. Angelo Bosi, colpito al cuore da un cecchino austriaco sul Monte Piana e che fu decorato con la medaglia d'argento al Valor Militare.
Donna era anche la personificazione della fame, la “Signora Anna”: così doveva essere definita perché la censura militare impediva di parlarne.

Il vento e la brezza
“E' facile parlare di eroismo sui campi di battaglia. E' meno facile parlare di chi ha soffiato piano sulle braci ardenti per trasformarle in fuoco allegro, dei piccoli eroismi fatti di quotidianità, di nostalgia, distacco e fatica”, spiega Antonella Fornari. Il libro parla delle donne come brezza tra venti di guerra, contrapponendo la brezza che profuma di primavera, delicata ma decisa, e il vento, impetuoso, violento, autoritario.
Alla fine della guerra, però, i due termini opposti si conciliano. “Il vento e la brezza si sono amati così tanto che con il loro amore cancellarono il colore delle divise e riempirono i fossi delle trincee … e la potenza superiore della vita esplose … e la Grande Guerra fu ancora una volta grande perché con esse la donna conquistò ciò che le sarebbe spettato da sempre: la libertà di amare, di scegliere, di sapersi rispettare … “ (A. Fornari)

Per maggiori informazioni: http://www.antonellafornari.com/chi_sono.html



Non ti farò aspettare”: Nives Meroi racconta una scalata lunga 5 anni (TFF/5)
Nives Meroi, regina delle montagne, alpinista italiana tra le più forti al mondo, ha presentato al Trento Film Festival il suo ultimo libro “Non ti farò aspettare”, edito da Rizzoli. Nata in provincia di Bergamo nel 1961, risiede in Friuli, dove ha conosciuto Romano Benet, suo compagno di vita e di cordata.
Ha conquistato 12 dei 14 Ottomila della terra, le montagne più alte del mondo, nel cosiddetto “stile alpino”, che consente di muoversi veloci e leggeri, mettendo nello zaino solo l'indispensabile.

Non solo alpinismo
Per Nives non conta solo il successo nella scalata. Al contrario, la componente alpinistica è una parte della spedizione, fatta nel suo complesso della più sottile arte del viaggio. Altrettanto bello è immaginarlo, organizzarlo, vivere l'attesa, poi costruire relazioni con il popolo locale, vedere come vivono le persone, respirare l'atmosfera di mondi lontani.
Nives si ispira a un alpinismo by fair means, un confronto “onesto” con la montagna. Niente bombole d'ossigeno per respirare nell'aria sottile della vetta, e niente portatori d'alta quota che fanno fatica al posto tuo. La vera avventura è fare di più, con meno. Aprire orizzonti nuovi anche là dove l'orizzonte sembra essersi chiuso. Nella montagna come nella vita. Come nella malattia, che ha segnato la vita di suo marito.

Una scalata lunga 5 anni...
“Non ti farò aspettare è ciò che ho detto a Romano nel 2009 quando stavamo tentando di scalare il Kangchenjunga, la terza montagna più alta del mondo e che sarebbe stata il nostro 12° Ottomila. Arrivati a quota 7.500 metri, Romano non si è sentito bene e mi ha proposto di tentare io da sola di salire in vetta il giorno seguente. Invece ho deciso di rinunciare e di tornare indietro insieme a lui. Da qui appunto il titolo del libro”, ci ha spiegato Nives.
Il volume racconta una scalata durata 5 anni, iniziata nel 2009 quando la coppia tenta di scalare l'Annapurna e il Kangchenjunga. In quell'occasione torna indietro, e una volta a casa viene scoperta la malattia di Romano. La diagnosi è aplasia midollare severa. Seguono anni di trattamento medico: una sfida con la malattia e con sé stessi che i due definiscono il loro “15° Ottomila”, la vetta simbolica che si aggiunge alle 14 montagne più alte del mondo, per continuare a vivere. Infine, lo scorso anno la coppia torna sulla montagna per vincere finalmente la sfida della scalata. Loro due insieme, come hanno sempre fatto.

Gli Ottomila tinti di rosa
La corsa agli Ottomila ha toccato anche l'alpinismo femminile, dopo che Reinhold Messner è stato nel 1986 il primo uomo a scalarli tutti. Ancora nel 2009, quando Nives e Romano rinunciano alla vetta del Kangchenjunga, nessuna donna aveva collezionato tutti i gioielli della corona himalaya. Era forse diventata anche questa una competizione tinta di rosa per guadagnarsi un posto negli annali dell'alpinismo. Non per Nives, che ha sempre assunto posizioni autonome da ciò che lei stessa definisce come “alpinismo al maschile”, dove prevalgono il senso del primato e della competizione.
Per Nives, altrettanto importanti sono il come ci si arriva, e la conoscenza che ogni viaggio dovrebbe implicare. Le donne sono portatrici di valori e comportamenti diversi da quelli degli uomini, non superiori né inferiori. Occorre saper vedere le differenze per apprezzare l'identità specifica delle donne, il cui contributo può arricchire l'alpinismo di ulteriori dimensioni rispetto al solo record sportivo. Questo è tanto più importante proprio ora, in quanto tutta la comunità internazionale è posta di fronte al dramma del terremoto in Nepal, e al compito immane di aiutare uno dei popoli più poveri al mondo a ricostruirsi un futuro.

La parola a Nives Meroi: un alpinismo al femminile per una nuova etica delle scalate
"La presenza femminile nell'alpinismo himalayano è notevolmente aumentata negli ultimi anni, a differenza di quando ho iniziato io. Con il passare del tempo è cambiata la mentalità, noi donne siamo accolte meglio e le persone sono ben disposte nei confronti di un alpinismo femminile. Possiamo dare un contributo al mondo dell'alpinismo, che non va visto più come esclusivo dominio degli uomini. Dobbiamo esprimere la nostra identità, i nostri valori anche etici, senza cercare di uniformarci a modelli preesistenti che hanno dettato finora le regole. Riconoscere le differenze tra il nostro modo di approcciare la montagna e il modo degli uomini, può produrre benefici culturali reciproci e ampliare gli orizzonti di tutti noi".

Per maggiori informazioni: http://www.nivesmeroi.it/



L'India di Federico Rampini tra modernità e arretratezza (TFF/6)
Nell'ambito del Trento Film Festival si è svolto l'intervento di Federico Rampini, prestigiosa firma de “La Repubblica”, esperto di Cina, India e tematiche orientali, che ha parlato di “Mistero India. Tra seduzione e orrore. La nazione del futuro, le sue arretratezze e contraddizioni”.
Le guerre del futuro si combatteranno per il controllo dell'oro blu, l'acqua. I grandi fiumi che bagnano i paesi dell'Oriente, India e Cina in primo luogo (Fiume Giallo, Yangtze, Mekong, Gange, Brahmaputra) nascono tutti dalle sorgenti himalayane. Per questo, le montagne più alte del mondo sono motivo d'interesse e di contesa non solo per gli alpinisti, ma a maggior ragione per i decisori politici che hanno in mano il destino di intere nazioni...

Da Gandhi ai giorni nostri
“Uno dei maggiori riferimenti culturali nella storia dell'India contemporanea è naturalmente il pensiero del Mahatma Gandhi”, ha sottolineato Rampini. “Tutti i più grandi leader democratici della nostra era e della storia recente si sono ispirati a lui. Da Martin Luther King, con la celeberrima marcia di Selma di 50 anni fa per chiedere pari diritti per i neri d'America, ad Aung San Suu Kyi, al Dalai Lama, a Nelson Mandela e al Presidente degli Stati Uniti Barack Obama. La luce carismatica del padre dell'India moderna si riflette nelle personalità politiche e nei momenti più importanti della storia del mondo”.
Quest'anno per la prima volta, l'economia indiana ha superato quella cinese, affermandosi definitivamente come superpotenza con la quale confrontarsi. “Il successo del paese è determinato tra l'altro da una popolazione più giovane rispetto a quella cinese, un'eccellente formazione degli studenti, un'industria ha puntato sul software come settore strategico per lo sviluppo. L'India è poi stata colonia inglese, quindi parla naturalmente la lingua franca di tutto il mondo”, ha sottolineato Rampini.
La percezione dell'India da parte occidentale è però profondamente condizionata da stereotipi. Oggi, quando si parla dell'India lo si fa in genere, in Italia, in seguito a notizie di cronaca nera o per enfatizzare tensioni nella relazione tra i due paesi, o ancora per parlare del rapporto tra i contadini poveri e le multinazionali dell'agricoltura, come la Monsanto.

L'India agli occhi dell'Occidente
Il Romanticismo tedesco del '700 vedeva l'India come la culla della civiltà. Nel '900 ritorna una grande passione per questo paese sull'onda del movimento hippy e soprattutto, a fine anni '60, del successo dei Beatles, che esplode in vera e propria mania collettiva. La band di Liverpool inizia un viaggio mistico per imparare la meditazione presso l'ashram di Maharishi Mahesh Yogy e penetrare i segreti dell'oriente.
“L'India è un paese attraversato da mille contraddizioni, che però, forse proprio per questo, dimostra più slancio e capacità di gestire le crisi rispetto ad altri”, ha proseguito Rampini.

Contraddizioni e slanci di una potenza emergente
L'India conserva un sistema sociale di derivazione religiosa basato sulle caste, ha problemi di corruzione politica, degrado ambientale ed estrema povertà di alcune fasce della popolazione. Ma l'India ospita anche Bangalore, una delle capitali mondiali del software che dà lavoro a informatici eccezionali. C'è libertà di stampa, che garantisce la critica del potere. I movimenti che nascono dal basso sono molto forti e anche Bollywood, il cinema indiano, è in continua crescita.
“E' un tipo di società molto disordinata ma anche densa di fermenti, che ha saputo fare tesoro del suo passato e aprirsi al futuro. Vi è una sorta di distacco nei confronti del colonialismo britannico e l'elaborazione in positivo di una storia anche traumatica. L'India rappresenta una potenza con la quale, insieme al dragone cinese, dovremo sempre più rapportarci”, ha concluso Rampini.

Speranza indiana e impero di Cindia
Tra le letture consigliate dal relatore, anche i suoi due lavori “La speranza indiana. Storie di uomini, città e denaro dalla più grande democrazia del mondo” e “L'Impero di Cindia. Cina, India e dintorni: la superpotenza asiatica da tre miliardi e mezzo di persone”.
(continua...)



“Quintino Sella e la battaglia del Cervino” (TFF/7)
In occasione del 150° anniversario della scalata del Cervino (1865-2015) e ancora nell'ambito della 63° edizione del Trento Film Festival di quest'anno, è stata riproposta una mostra di fotografie e documenti sulla figura di Quintino Sella. L'esposizione, presentata per la prima volta due anni fa in occasione dei 150 anni del CAI – Club Alpino Italiano – nato nel 1863, ruota intorno alla figura di Sella, fondatore del sodalizio alpinistico, e alla storia della conquista della Gran Becca (1865), che divenne quasi una questione di onore nazionale nella gara tra Breuil e Zermatt, tra inglesi e italiani.

La mostra della Fondazione Sella di Biella, intitolata appunto “Quintino Sella e la battaglia del Cervino”, è stata curata da Pietro Crivellaro e Lodovico Sella, e aperta fino al 10 maggio a Palazzo Trentini, nel cuore del centro storico cittadino.
Si legge sulla presentazione della mostra: 'Non fu un semplice duello tra la guida vald'stana Carrel e l’inglese Whymper, ma una battaglia postrisorgimentale condotta dai pionieri del Cai guidati da Quintino Sella, per contrastare la supremazia degli inglesi dell’Alpine Club sulle “nostre Alpi... Il fondatore del Cai avrà modo di scalare finalmente il Cervino solo nel 1877. Tutto ciò non appartiene solo all’album di famiglia degli alpinisti, ma è un capitolo sorprendente della storia d’Italia'”.

Per maggiori informazioni: http://trentofestival.it/edizione-2015/programma/tutte-le-mostre/quintino-sella-alpinista-e-la-battaglia-del-cervino/
(continua...)



“Frammenti di un paesaggio smisurato. Montagne in fotografia 1850-1870” (TFF/8)
Si è tenuta fino al 10 maggio la mostra fotografica sul tema “Frammenti di un paesaggio smisurato. Montagne in fotografia 1850-1870”, presso il Palazzo Roccabruna di Trento.
In esposizione 150 immagini provenienti dalle collezioni del Museo Nazionale della Montagna di Torino.
La mostra espone immagini dei fratelli Bisson, Édouard Baldus, Samuel Bourne e Francis Frith, Victor Muzet e Giacomo Brogi.

Il sito di Palazzo Roccabruna riporta: “La relazione tra fotografia e paesaggio è una relazione centrale per la cultura italiana e non solo. Attraverso il paesaggio si costruisce e si è costruita l'identità nazionale dei singoli Paesi e delle singole culture, legate al concetto di confine non solo fisico e politico, ma anche nella sua accezione di limite, che trova trasposizione fisica e concettuale nella montagna”.

La mostra è stata curata da Veronica Lisino con il coordinamento di Aldo Audisio.
Dal 22 maggio al 15 novembre la mostra sarà ospitata al Museo Nazionale della Montagna di Torino.

Per maggiori informazioni: http://www.museomontagna.org/it/home/index.php



“La Grande Guerra. Arte e artisti al fronte”: mostra a Milano per celebrare il Centenario
A Milano, nelle Gallerie d'Italia in Piazza Scala, si tiene fino al 23 agosto la mostra “La Grande Guerra. Arte e artisti al fronte”. Si tratta della sezione ospitata nel capoluogo lombardo della mostra sul Primo conflitto mondiale presentata da Intesa Sanpaolo – che ha inoltre sostenuto il costo di restauro di alcune di esse - e dedicata ai temi di “Arte Luoghi Propaganda”, facente parte del programma nazionale di commemorazioni per il Centenario.
L'esposizione ripercorre le tappe dell'arte e della società dalla Belle Époque al primo dopoguerra e al periodo fascista, con 4 sezioni che esplorano rispettivamente gli anni precedenti il conflitto, il periodo della guerra, la sua rappresentazione attraverso le immagini e infine l'elaborazione del trauma collettivo che ne seguì. Sono oltre 200 le opere che compongono la mostra.

L'arte prima, durante e dopo la guerra
Si inizia con la sezione “1890-1914. Il lato oscuro della Belle Époque”, un periodo caratterizzato da profonde contraddizioni per l'Italia. Le tensioni del paese, la povertà e i conflitti sociali trovano espressione nelle opere di artisti come De Maria, Mentessi, Chini, Sottocornola, Longoni,Viani, Hirschl e altri.
Segue il focus su “Patria e interventismo”, con l'apologia della guerra - “igiene del mondo” per Marinetti e il futurismo. Qui sono presenti lavori di Giacomo Balla, Gino Severini, Mario Sironi, Achille Funi oltre a nuovi testimoni come Previati, Beltrame, Bucci, Cominetti, Cambellotti e Rosai.
La terza sezione è dedicata al tema “In guerra. Realtà e rappresentazione” ed espone immagini del fronte, create alcune per fini di propaganda, altre di denuncia.
L'argomento dell'ultima è invece “1915-1935. Mito, memoria e celebrazione”, in cui si esplorano le tendenze artistiche di quegli anni e l'elaborazione degli avvenimenti, anche in chiave di speranza per un rinnovamento sociale. Accanto all'affermazione del fascismo compare la rappresentazione del dolore e delle tensioni sociali, nelle opere di Bonzagni, Gioia, Cagnaccio di San Pietro e Chini.
La dimensione simbolica e l'espressione del valore in combattimento, insieme alle politiche della memoria per celebrare gli Eroi, vengono espresse nei monumenti ai Caduti e alla Vittoria con le sculture di Minerbi, Trentacoste, Wildt, Ximenes e Martini.

E ancora...
La mostra offre poi strumenti multimediali per approfondire i temi trattati, come un touch screen all'inizio del percorso espositivo che ripercorre la cronistoria del conflitto con il poema “Conflagrazione. Epopea parolibera”, scritto negli anni della guerra da Paolo Buzzi, autore futurista. Accompagnano inoltre la visita sequenze fotografiche, filmati e documentari storici.
Come evento collaterale alla mostra, si terrà fino al 30 luglio una rassegna cinematografica sul tema della Grande Guerra. Il progetto si articola anche nelle Gallerie d'Italia di Vicenza e Napoli, focalizzandosi su “Società, propaganda, consenso” e “I luoghi e l'arte feriti”.
“La Grande Guerra. Arte e artisti al fronte” è curata da Fernando Mazzocca, Francesco Leone e Anna Villari, e coordinata da Gianfranco Brunelli. L'iniziativa è posta sotto l'egida della Presidenza del Consiglio dei Ministri e patrocinata dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, dal Ministero della Difesa e dal Comune di Milano. E' infine inserita nel programma degli eventi di Expoincittà.

Per maggiori informazioni: http://www.gallerieditalia.com/lagrandeguerra/

0 commenti: